Sarà l’inverno, sarà la classica sindrome da stress post-natalizio, ma è un po’ di tempo che intorno a me sento molte persone lamentarsi.

Ora, non voglio certo buttarla sul personale, perché sia mai che mi metta a spiattellare in piazza tutte le questioni private che mi vengono confidate a cuore aperto, ma c’è un luogo comune abbastanza diffuso che dilaga ormai inesorabilmente nell’animo di chi “ancora” lavora: non vedo l’ora di andare in pensione.

Che si chiami quota 100 o come vi pare, sembra quasi che questa meravigliosa fase della vita che tutti, in segreto, attendiamo con ansia, non voglia proprio arrivare.

Beh, anche questa volta voglio fare la voce fuori campo e chiedermi(ti): perché sei così stanco di lavorare?

Sembra paradossale, ma ogni qualvolta mi sia trovata faccia a faccia con un neopensionato, passato l’entusiasmo iniziale, ho osservato giungere con puntualità svizzera la fase del “E ora che faccio? Quasi quasi me ne stavo qualche altro anno a lavorare!“.

E no, dai, chiariamoci un po’ le idee: dentro o fuori?

Non è capitato, forse anche a te, caro imprenditore, di essere spettatore di tali contraddizioni?

Che le abbia sentite o meno, di una cosa sei certamente stato spettatore: dell’inevitabile calo produttivo da parte dei tuoi collaboratori più adulti, a favore della più giovane e poderosa forza lavoro.

Da giovane manager, carica di voglia di fare e attorniata da altrettanti giovani collaboratori, mi è quasi impossibile capirlo, ma immagino che dopo anni di “battaglie”, sempre le stesse, giorno dopo giorno, ad un certo punto sia quasi fisiologico sentire l’esigenza di mollare la presa e pensare un po’ di più a sé.

Peccato, però, che in questo le leggi non sempre ci vengano incontro, e se da una parte sento che, al tuo posto, mi verrebbe quasi spontaneo rispondere “Beato te che almeno una pensione la vedrai“, dall’altra voglio suggerirti una soluzione molto pratica per alleviare ai tuoi collaboratori senior gli ultimi anni di “sofferenza” prima di appendere le scarpe al chiodo.

Oggi voglio parlarti di una branca molto costruttiva del Diversity Management: l’Age Management.

Andiamo per gradi: cos’è il Diversity Management?

Secondo me lo hai già sentito nominare e sai di cosa si tratta, diversamente eccoti una definizione più che esplicativa della gestione delle diversità nella tua azienda.

Sì, perché il Diversity Management fa proprio riferimento alla gestione di tutto ciò che può sembrare diverso dalla norma. Superata la questione femminile, oggi mi verrebbe in mente l’identità di genere, l’orientamento sessuale, la provenienza da Paesi diversi, il diverso orientamento religioso o di colore o di razza o come vuoi intenderla.

Che ti piaccia o no, non potrai chiudere le tue porte a chiunque indossi una maglietta diversa dalla tua, compresa quella della squadra del cuore.

Così, da più di 30 anni a questa parte, il Diversity Management si preoccupa di suggerire tecniche e strategie per far convivere serenamente il “diverso” nella tua azienda e, di più, a valorizzarlo al punto da farlo diventare persino il tuo punto di forza.

Immagina ora se questa diversità toccasse l’aspetto della vita più inevitabile e scontato che possa interessarci: lo scarto generazionale.

Sì, perché, a mio avviso, più che uomini e donne, conterranei ed extracomunitari, omo ed eterosessuuali, rosso-neri o nero-azzurri, sembra quasi che la maggiore difficoltà sia far convivere, su scrivanie adiacenti, persone con fasce d’età differenti.

E lo stesso dicasi nel loro rapporto con te.

Proprio per questo hanno inventato l’Age Management: una serie di interventi aziendali mirati a valorizzare i punti di forza dei lavoratori in virtù della loro età anagrafica.

Questo, almeno, secondo quello che si chiama paradigma del ciclo evolutivo delle competenze.

Solo per chiarire meglio il concetto, secondo tale teoria, la vita professionale si divide in 3 fasi: quella che va dai 15 ai 30 anni, quella dai 31 ai 45, e quella dai 45 ai 65 (anno più, anno meno).

Nel rispetto delle peculiarità legate ad ognuna di queste tre fasce d’età, puoi ben intuire che nella prima fase prevarranno forza fisica, entusiasmo, spirito d’innovazione, competitività, propensione alle nuove tecnologie. Nella terza, invece, a dominare saranno resistenza, pazienza, tolleranza verso il prossimo e verso i lavori ripetitivi e, certamente, la mole di conoscenze rispetto a specifici compiti.

In virtù di tali analisi e dell’assunta consapevolezza del grado di anzianità interna alla tua azienda, un ben noto studioso dal nome Alan Walker ha suggerito due principali tipologie di intervento da applicare nell’ambito dell’Age Management:

  • gli interventi reattivi, quando l’età all’interno dell’azienda è piuttosto alta e si sono verificate già ripercussioni in termini di costi e competenze;
  • gli interventi preventivi, estendibili a tutta l’azienda e finalizzati a prevenire suddetti problemi.

Fra le dimensioni maggiormente interessate da queste azioni, la formazione, come gli sviluppi di carriera o il job redesign, non è certo da sottovalutare, anzi, probabilmente ricopre il gradino più alto.

Immaginare di mandare in pensione lo sviluppo delle conoscenze di un lavoratore prima ancora di lui stesso è un gravissimo errore.

Così, che si tratti di long-life training o formazione mirata, è opportuno formare costantemente anche il tuo collaboratore più anziano, perché non smetta mai di crescere e non perda mai la motivazione.

Se ancora non ci hai pensato, noi della CDQ FORMAZIONE, possiamo darti una mano a disegnare progetti formativi su misura per ogni fascia d’età e segnalarti tutte le opportunità da sfruttare per ognuna di queste.

Non metterti nelle condizioni di dover sorbire le conseguenze di un invecchiamento tempestivo del tuo personale (immagina quanti giovani comunque lasciano il lavoro perché trovano opportunità diverse in luoghi lontani) e, più di tutto, non esporti al rischio di veder declinare la tua azienda solo perché non hai saputo valorizzare queste fantastici detentori di competenze.

Siamo qui anche per questo.

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Ti aspetto.

Sara Pellegrino – Direttrice CDQ Formazione