Chiedo perdono per le citazioni cine-letterarie di oggi, che mi portano a parlare di una creatura, così reale, eppure così mitica: il piccolo imprenditore italiano.

Parlo di chi ha deciso di alzarsi all’alba ogni mattina pieno di un sacco di pensieri, per aprire le porte della sua azienda, dare un futuro ai suoi dipendenti, pagare queste dannate tasse, pagare questi dannati contributi e magari riuscire anche a trovare qualche ora per riposarsi per il giorno dopo.

La vita di chi ha una piccola impresa non conosce alternanza tra lavoro, famiglia e svago: è tutto, inesorabilmente, mescolato come gli ingredienti di una torta che si cerca sempre di far uscire colorata e gustosa.

Quindi, oltre a sbattersi tutta la giornata, senza “svestire” mai i panni del proprio mestiere, bisogna fare i conti con tutti gli spauracchi dell’economia di oggi, prima fra tutti la “crisi”, questa sorta di piovra che avviluppa le membra della tua partita IVA e ti trascina negli abissi asfissianti del fallimento, senza che si possa far niente.

La buona notizia è che, invece, si può fare molto, eccome.

Per fortuna, da un paio d’anni a questa parte, le istituzioni pubbliche hanno rimesso al centro della loro agenda amministrativa e politica le piccole e medie imprese.

Quando si dice che le piccole e medie imprese sono il tessuto produttivo di questo paese non si fa “della retorica insopportabile”, come disse Vittorio Sgarbi al regista Squitieri, in un “processo di Biscardi” ormai divenuto un cult.

E’ la verità, provata dai dati.

Le realtà produttive che vanno dall’alimentari sotto casa, al capannone adibito a laboratorio tessile delle nostre zone industriali, rappresentano il 90% della produttività di questo Paese.

Se le piccole e medie imprese funzionassero, al Tg5 si potrebbe direttamente parlare di cronaca nera, con loro somma gioia.

Invece non è così.

Quindi, in che modo le istituzioni stanno tendendo la mani ai piccoli imprenditori, offrendogli un po’ di buon lievito per la loro torta?

Sostenendo la digitalizzazione dell’impresa.

Chi pensa che nel proprio settore, adeguarsi al progresso tecnologico sia inutile e non produttivo, presto tornerà a lamentarsi della crisi e della pressione fiscale, ammesso che non abbia mai smesso di farlo.

Non vi è dubbio: stiamo vivendo quella che viene da tutti definita la quarta rivoluzione industriale, la quale si associa ad un impiego sempre più pervasivo di dati e informazioni, di tecnologie computazionali e di analisi dei dati, di nuovi materiali, macchine, componenti e sistemi automatizzati, digitalizzati e connessi.

Le tecnologie del “paradigma” 4.0 sono molteplici e si possono raggruppare in tre ambiti:

– disponibilità di dati digitali e analitica dei Big Data (Cloud computing; Big Data, Analystics);

– robotica e automazione avanzata (Automatiion & Robotics);

– connettività spinta (Internet of Things).

Se nella legge di Bilancio del 2018 si parla soprattutto di questo, qualcosa vorrà pur dire, no?

Bisogna sforzarsi di essere come quegli imprenditori che, dopo li 1870, decisero di dotare le proprie fabbriche di un generatore di corrente elettrica.

E’ necessario, a volte, essere precursori, e non persecutori.

Anzi, è già tardi.

Il tema Impresa 4.0 è sempre più familiare. Quasi il 66% degli imprenditori dice di essere in fase di applicazione più o meno avanzata delle nuove tecnologie in azienda, con una punta del 6,4% che segnala di averle già ampiamente introdotte. E il 56% conosce le misure del Piano del Governo a sostegno della trasformazione digitale del nostro sistema produttivo.

Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge di Bilancio 2018, alcuni studi indicano che, entro il 2030, la quarta rivoluzione trasformerà radicalmente il modo di lavorare generando rischi di obsolescenza di alcune professioni ma al tempo stesso opportunità occupazionali legate a nuove figure professionali. Nel prossimo futuro le imprese italiane avranno quindi bisogno di allineare le competenze dei propri addetti per garantire e incrementare la propria competitività e per rafforzare l’occupazione.

Per questo, ci siamo noi.

Se non si vuol lasciare che la quarta rivoluzione industriale passi per portare via tutte le prospettive di crescita progettate fino ad ora, si ha l’opportunità di formare gratuitamente le proprie risorse, per renderle competenti e pronte per lo sviluppo in digitale della tua azienda.

Informatica, digitalizzazione di processi aziendali, grafica digitale, tecnologie di produzione: tutta la formazione che serve è ottenibile, ora, per le piccole aziende, GRATUITAMENTE.

Grazie ai PIANI FORMATIVI AZIENDALI DELLA REGIONE PUGLIA.

“Piani Formativi Aziendali” è il bando della Regione Puglia che permette di organizzare UN PIANO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE IN AZIENDA, IN FORMA TOTALMENTE GRATUITA.

Attraverso il bando, la Regione Puglia finanzia piani formativi basati su più classi: veri e propri gruppi di formazione in cui dividere l’azienda, che potranno seguire un percorso di formazione per rafforzare le proprie competenze o svilupparne di nuove, per essere sempre pronti e performanti per le sfide del futuro.

Al piano formativo possono partecipare imprenditori e lavoratori occupati che prestano la loro attività lavorativa presso un’unità produttiva ubicata nel territorio pugliese. Per lavoratori si intendono i lavoratori dipendenti, compresi i soci di imprese cooperative con rapporto di lavoro subordinato.

Come detto prima, si potrà realizzare un piano IN FORMA TOTALMENTE GRATUITA.

Perché? Perché la regione Puglia finanzierà il 70 % dell’importo complessivo del piano formativo. Il restante 30% verrà colmato attraverso il costo orario lordo del dipendente in formazione. In altre parole, sarà sufficiente organizzare la formazione in orario di lavoro per realizzare il piano formativo senza sostenere alcun costo.

Il bando è aperto ormai da 2 anni. Non possiamo garantire con precisione la data della sua chiusura. La Regione Puglia, visto il successo riscosso dal bando, e considerate le centinaia di aziende aggiudicatrici del finanziamento (si possono consultare gli elenchi sul portale www.sistemapuglia.it), ha già rafforzato la dote finanziaria di oltre 10 milioni di €. Soldi che presto finiranno, visto l’alto numero di domande che ancora presentiamo.

Si ha l’opportunità di formare le proprie risorse, senza che questo, per una volta, rappresenti un investimento economico.

Non cogliere questa occasione e lamentarsi che le istituzioni non sostengono l’economia locale, non farà crescere nessuno, soprattutto le aziende.

La quarta rivoluzione industriale è alle porte: niente più carbone, lampadine o vapore, ma software, connettività e risorse umane pronte e formate.

C’è solo da decidere se vivere o morire.

Piuttosto semplice.

Stefano – Area Progettazione