Oggi mi piacerebbe raccontarti del rapporto fra le cose, fra la natura e l’uomo e di quanto possa essere conveniente e utile FARE RETE.

Quante volte abbiamo letto e sentito questa espressione negli ultimi anni?

Tanto, troppo, fino alla nausea direi. Tutti dicono, ovunque, che è fondamentale collaborare, creare network, scambiare. Tutti sappiamo che possono esserci solo vantaggi e benefici, ma nessuno, pochi, lo fanno effettivamente.

Nonostante riconosciamo oggettivamente la validità di questa intuizione, tanto atavica da esserci dimenticati come fare, non l’applichiamo.

Forse perché non ne conosciamo l’origine, la usiamo come una frase fatta, la buttiamo lì come panacea a tutti i mali, ce l’abbiamo scritta nel DNA senza sapere da dove viene e come metterla in pratica.

E se ti dicessi che le risposte sono molto più vicine di quanto si possa immaginare?

Partirò da lontano.

Ti ho citato la natura, all’inizio, ma che centra con questo discorso?

Beh, la prenderò un po’ larga per farti capire quanto è importante mantenere solidi i rapporti fra le “cose”.

Dal nulla non viene nulla” recitava Lucrezio nel suo De Rerum Natura, sempre per rimanere fedele al mio amore per le citazioni.

O forse, ti tornerà più nota la legge di Lavoisier “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Cosa intendevano dire questi due personaggi che hanno fatto la storia della letteratura e della scienza?

Che ogni cosa è interconnessa a qualcos’altro. Non esiste nulla al mondo che non sia venuta fuori da o non muoia in altro.

Capisci bene, quindi, quanto sia antico il dibattito sull’importanza di relazionarsi e mantenere rapporti con il prossimo.

Sia chiaro, non è mia intenzione filosofeggiare, ma lanciarti come sempre una piccola provocazione, per farti riflettere e indicarti la via più semplice da seguire.

Hai mai pensato che le soluzioni a molti grattacapi della tua routine quotidiana possono essere mutuati direttamente dalla natura?

No, neanche io in effetti, forse anche perché fino ad ora ho ignorato completamente un approccio chiamato BIOMIMETICA.

Questo termine che mi ha subito richiamato alla mente la figura del camaleonte, in realtà, ha poco a che vedere con l’arte di sapersi nascondere e camuffare con le cose.

La biomimetica fa riferimento, invece, alla capacità di osservare la natura e i suoi processi per poterne trarre ispirazione e migliorare la nostra vita di tutti i giorni.

Pensa, ad esempio, alle foreste di mangrovie, dove convivono pacificamente diverse specie vegetali, ognuna con le sue peculiarità utili a far sopravvivere le altre.

Pensa ancora ai cuculi che hanno bisogno di altre specie di uccelli per far nascere e crescere la propria prole. Alle api, alle vespe, alle formiche, noti anche come insetti sociali, proprio per la loro spiccata capacità organizzativa e collaborativa, che consente loro di sopravvivere e progredire.

Anche l’uomo deve la sua evoluzione principalmente alla sua natura di “Animale Sociale”, come amava definirlo Socrate. Per sopravvivere deve organizzarsi in società e collaborare.

Tutti questi modelli, già esistenti in natura, si rivelano vere e proprie fonti di ispirazione per comprendere e perseguire la famosa intuizione iniziale, relativa all’importanza di mettersi in rete.

Il business non è diverso dalla natura, che sia essa animale o umana.

Nei secoli ha spontaneamente elaborato regole e strategie di convivenza più o meno pacifica perché si potesse parlare di un equilibrio perfettamente progettato.

Quali sono dunque questi elementi essenziali che possono rivelarsi vincenti anche in un business network?

  1. La biodiversità. Avere compiti diversi, natura diversa, capacità diverse è l’humus entro cui prospera la ricchezza.
  2. La dinamicità. Nessun sistema rimane immobile e immutato per sempre, tutto si evolve da qualcosa e verso qualcos’altro.
  3. La condivisione, che sia di idee, valori, obiettivi, visioni, competenze.
  4. Il dialogo, alla base di qualunque forma di scambio, fondamentale a superare le differenze.
  5. L’onestà, perché ognuno possa trarre il massimo beneficio dall’altro esulando dalla mera logica parassitaria.
  6. La fiducia, un elemento imprescindibile per risolvere incomprensioni e diffidenze.
  7. La gestione del conflitto, inevitabile, costruttivo e superabile.
  8. La capacità di leadership, non intesa come imposizione di ordini, ma come guida di tanti strumenti diversi, per produrre un’unica armoniosa sinfonia.

Perché allora siamo tanto bravi a parlarne ma solo poche aziende sanno vivere a lungo e bene in un ecosistema più ampio, facendo rete con altre aziende simili e diverse da loro al tempo stesso?

Esistono casi vincenti di reti di imprese o è solo tutto un bel sogno?

Parto dalla seconda domanda. La risposta è sì, esistono, sono in mezzo a noi e lo sanno fare benissimo.

Alcuni esempi?

A livello mondiale un buon riferimento può essere quello dell’industrial symbiosis, aziende connesse tra loro da rapporti di collaborazione che consentono a ognuna di trarre risorse utili dagli scarti delle altre, secondo un rapporto circolare.

Alcuni casi particolarmente vincenti sono senz’altro il distretto di Kalundborg, in Danimarca, o quello di Kawasaki in Giappone.

E in Italia?

Sì, anche in Italia si fa rete, tanta, e si possono annoverare alcuni casi di successo.

Il portale reteimprese.it ne cita alcune e io ve ne riporto un paio di quelle che più mi sono piaciute:

  1. Mare Nostrum Network, che mette insieme società liguri, toscane, laziali, marchigiane, per integrare le politiche industriali sulla nautica con il turismo, l’ambiente, l’internazionalizzazione e l’innovazione tecnologica;
  2. Buon gusto veneto, dove a collaborare sono aziende agroalimentari della stessa regione per valorizzare le loro produzioni, integrarle con il territorio, promuoverlo, internazionalizzarlo e renderlo competitivo sul mercato.

E nel sud Italia?

Nel meridione la questione è più delicata e spinosa, perché noi di cooperare e metterci insieme con gli altri proprio non ne vogliamo sapere.

A dirlo non sono certo io, ma i numeri. Solo in Puglia e in Sicilia le percentuali di reti rimangono ferme rispettivamente a 5,4% e 2,6%, rispetto alla media nazionale che supera l’8% (Fonte ISTAT).

Se poi scendiamo nel dettaglio dei settori industriali che più fanno rete, scopriamo dalla stessa fonte che i cluster più sviluppati sono quello dell’impiantistica industriale, del terziario avanzato e agroalimentare. Benissimo, e l’agricoltura? E il turismo? E le leve principali che muovono l’economia meridionale, dove sono? N.P., dati non pervenuti.

Strano a dirsi, nonostante tutti gli strumenti messi in mezzo dalle istituzioni pubbliche per stimolare la nascita di Reti, anche qui al Sud.

Alcuni esempi ancora?

Basti pensare ai consorzi, alle cooperative, alle OP, ai PIT, ai GAL, alla programmazione negoziata, ai contratti di rete, i famosi contratti di rete. Possibile che con tutte queste agevolazioni, qui non si riesca ancora a convivere tutti insieme, pacificamente, nello stesso ecosistema?

Sì, un po’ per ragioni culturali, un po’ per carenza di leadership, un po’ per insufficienza di tutte quelle regole fondamentali per l’esistenza di un network, che abbiamo sviscerato prima.

Anche in questo caso a parlare sono i numeri, provenienti sempre dall’agenzia Rete Impresa, che in sette anni ha analizzato tutti gli strumenti messi in campo dalle singole Regioni per incoraggiare la costituzione di reti di imprese.

Ancora una volta, le regioni del Sud Italia manifestano una volontà di parecchio inferiore alla media nazionale nell’emanazione di misure agevolative a favore delle reti di imprese.

Questo è da riferirsi soprattutto al settore dell’agricoltura, che segue normalmente un andamento opposto rispetto all’intenzione di creare network.

La causa si potrebbe rintracciare anche nell’assenza di punti di riferimento solidi e propensi a supportare tale approccio e nei congeniti ritardi nell’attuazione di quello che dovrebbe essere lo strumento principe per la crescita delle imprese agricole: i Piani di Sviluppo Rurale.

In quest’ultimo caso il rischio di disimpegno delle risorse finanziarie assegnate ai PSR regionali tocca le cifre più alte nel Sud Italia, con una media di circa 150 milioni di Euro che rischiano di tornare nelle casse della Commissione Europea.

In questo quadro, tanto promettente quanto scoraggiante, è bene che ognuno si assuma la propria responsabilità, la smetta di puntare il dito verso gli altri e verso l’alto e si faccia artefice del proprio destino.

Anche perché strumenti che ancora consentono una crescita delle proprie competenze, incoraggiando la cooperazione fra imprese, esistono e aspettano solo di essere “sfruttati”.

Uno fra tutti è il bando per i PIANI FORMATIVI AZIENDALI emanati dalla Regione Puglia, uno strumento che ti consente di formarti come imprenditore e far formare i tuoi collaboratori, senza sostenere alcun costo.

La Puglia, fra i suoi meriti, ha ben pensato di investire una consistente fetta di risorse finanziarie nel bando dei Piani Formativi Aziendali, consentendo un accesso praticamente gratuito a te e ai tuoi dipendenti, per aggiornare e raffinare le vostre competenze professionali.

In che modo, un bando così, può incoraggiare la cooperazione fra imprese?

Vincolando il numero minimo di dipendenti da formare per ogni azienda.

Nella pratica questo significa che, se all’interno della tua impresa non hai almeno 5 impiegati a cui far seguire un corso di formazione, puoi presentarti con un piano formativo pluriaziendale.

Le forme in cui ci si può candidare per una formazione gratuita aziendale sono due, oltre a quello monoaziendale:

  1. Sotto forma di Raggruppamenti Temporanei tra Imprese per la formazione dei propri dipendenti aventi sede nel territorio pugliese (RTI)
  2. Sotto forma di Raggruppamenti Temporanei di Scopo (RTS) tra imprese ed organismi di formazione già costituiti o in via di costituzione;

Ora, da imprenditore lungimirante quale sei, capisci bene come la formazione possa costituire la pietra miliare su cui edificare la rete di imprese o il network collaborativo che preferisci.

Scambiando idee, proposte, simulazioni di progetto in sede formativa potrai incontrare partner utili e validi per far crescere la tua attività, di più, crescere entrambi e far crescere l’ecosistema in cui siete inseriti: il territorio.

E tutto questo potrai farlo, praticamente, senza costi. Sì perché il 70% delle spese è coperto dal finanziamento regionale e il restante 30% dal costo orario del dipendente che verrà formato. Della serie, si pagherà da solo in orario lavorativo.

Cosa aspetti allora? Fatti furbo, fai la differenza rispetto alla media e lascia qui i tuoi contatti.  Verrai richiamato in brevissimo tempo per una spiegazione illuminante su tutto quello che c’è da sapere per cogliere questa imperdibile opportunità.

Cosa preferisci allora: la competizione, la coopetizione o la cooperazione?

Tu decidi per il meglio mentre io ti supporto ad attuarlo.

A presto

Sara Pellegrino – Direttrice CDQ FORMAZIONE